Spesso capita di imbatterci in tornei dove vige un tempo limite per la singola partita. Con questo piccolo articolo della premiata serie “Inside Curling” vogliamo spiegare come mai si renda necessaria questa misura che non fa l’unanimità.

Per le partite degli appuntamenti internazionali, la World Curling Federation ha imposto un limite di tempo che si applica al gioco della singola squadra. Senza voler entrare nei dettagli, ogni team ha un proprio cronometro che si avvia quando è il proprio turno per giocare e viene fermato quando il sasso supera la tee-line vicina al momento dello sliding. Si tratta del cosiddetto “thinking time“, ovvero il tempo che l’organizzatore accorda alle squadre per “pensare” alla prossima giocata da fare: qualora il cronometro di una squadra arrivasse a zero, la stessa perderebbe l’incontro a prescindere dal risultato. Questo sistema, certamente equo, ha però un grande difetto: necessita per rink di una o due persone che avviano e stoppano il cronometro al momento opportuno. La soluzione è dunque poco praticabile per un campionato o un torneo amatoriale, dove le risorse (leggi volontari/aiutanti) sono notoriamente scarse.

Per evitare che, anche per i tornei amatoriali, le partite durassero in eterno, alcuni organizzatori applicano un limite di tempo per partita. Generalmente, tale tempo è calcolato in funzione del numero di ends e ‘dovrebbe’ (virgolette non a caso) essere sufficiente per terminare tutti gli ends previsti dal regolamento senza problemi.

Negli anni si è cristallizzata la soluzione del “limite di tempo per iniziare l’ultimo end”: in pratica si alloca sufficiente tempo per fare in modo che le squadre inizino l’ultimo end prima dello scadere del tempo. Al suono della campana è quindi unicamente concesso terminare l’end in corso. Questo sistema, piuttosto pratico, presenta un neo piuttosto grave: una squadra in vantaggio al terz’ultimo o penultimo end potrebbe appositamente giocare in modo lento affinché il tempo scada prima dell’inizio dell’ultima mano. Spesso è infatti capitato che il gong abbia suonato proprio mentre si stavano riordinando i sassi: in tal caso la partita si conclude lì, non di rado con grande disappunto per la squadra che ha la peggio… È infatti piuttosto evidente che questo sistema sia a svantaggio della squadra più veloce a giocare, mentre non penalizza la squadra lenta, e addirittura avvantaggia la squadra “disonesta”!

Per ovviare a queste limitazioni, da qualche anno si propone una nuova formula: il tempo è ora calcolato non più “per iniziare l’ultimo end” bensì “per iniziare il penultimo end”. In parole povere: allo scadere del tempo le squadre possono terminare l’end in corso ed iniziare (e -ovviamente- terminare) quello successivo. Così facendo, il tempo scade prima, e la squadra sotto nel punteggio può avvalersi di un ulteriore end per ovviare allo svantaggio. Benché non lo elimini completamente, tale sistema attenua – e di molto – anche la problematica dell’eventuale disonestà della squadra in vantaggio, che ora deve comunque gestire un end in più e non può più speculare su un eventuale “gong” che mette immediatamente fine all’incontro. Un possibile svantaggio potrebbe essere che, dopo lo scadere del tempo, ci sono ancora sostanzialmente due mani da giocare, cosa che potrebbe portare ad un certo “rilassamento” delle squadre in campo. La pratica ha mostrato che questo non avviene se non sporadicamente ed è – a nostro avviso – trascurabile.

Quali limiti di tempo darsi? Di regola vengono calcolati 15 minuti per End, sufficienti per la maggior parte dei tornei e delle situazioni di gioco. Il consiglio che viene dato è quello di allocare 5 minuti aggiuntivi per eventuali situazioni di arbitraggio (misurazione dei sassi, ecc.). Per 6 ends si consigliano quindi 65 minuti (4 ends + 5′), per 8 ends 95 minuti (6 ends + 5′). Ripetiamo che il tempo deve essere sufficiente per iniziare il penultimo end: le due squadre possono poi terminare questo end ed iniziare quello successivo (l’ultimo).

Ricapitolando, il sistema “del penultimo end” presenta qualche vantaggio in più rispetto a quello denominato “dell’ultimo end” ed è per questo che dovrebbe essere scelto come sistema preferenziale qualora un limite di tempo debba essere imposto per le esigenze operative del torneo.

Non tocca certamente a noi ribadire che un gioco celere, oltre ad essere più attrattivo, permette agli organizzatori di avere il tempo necessario per preparare al meglio i rinks per i turni successivi, spesso a tutto vantaggio della qualità della superficie di gioco e quindi anche del gioco stesso.